I telescopi – tecnologia ed utilizzo

Telescopi

La funzione principale di un telescopio è quello di raccogliere più luce rispetto a quello che è in grado di raccogliere un occhio umano. Di un telescopio quindi il dato più importante è il diametro dell’obiettivo, che caratterizza la quantità di energia luminosa che il telescopio raccoglie. Gli obiettivi, che hanno la facoltà di concentrare i raggi di luce un una zona piccolissima, possono essere a lenti o a specchi concavi. Quindi i telescopi si dividono in due grandi famiglie:

  1. Rifrattori che impiegano obiettivi a lenti.
  2. Riflettori che impiegano obiettivi a specchi concavi.

I riflettori sono preferiti rispetto ai rifrattori per i seguenti motivi:

  • Uno specchio grande può essere sottile come uno specchio piccolo, ma una lente più grande diventa considerevolmente più spessa e quindi più pesante.
  • A parità di diametro una riflettore è moto più economico di un rifrattore.
  • Il rifrattori hanno due superfici che devono essere mantenute pulite, i riflettori solo una.
  • Le lenti assorbono luce, Più è spessa e più assorbe luce
  • In una lente, colori diversi vengono rifratti in quantità diverse. La luce blu viene piegata ulteriormente rispetto alla luce rossa. Questo fenomeno è chiamato aberrazione cromatica e può essere corretta aggiungendo un’ulteriore lente.
  • I telescopi riflettori, essendo molto compatti, sono più facilmente trasportabili.

Naturalmente, neanche i riflettori sono perfetti. Il problema maggiore è che i bordi esterni dell’immagine sono sfocati. Questo effetto è chiamato coma. Alcuni dei raggi di luce in arrivo entrano nel telescopio con un certo angolo, piuttosto che paralleli all’asse, e quindi sono focalizzati in modo imperfetto dallo specchio. Il rifrattore comunque è uno strumento particolarmente adatto per l’osservazione degli oggetti del sistema solare, Luna e pianeti e stelle doppie, proprio in virtù del fatto che hanno un’incisione maggiore di dettagli.

Le lenti

Le lenti sono delimitate da due calotte sferiche accoppiate in modo tale che i centri di curvatura ed i vertici siano posti su una medesima retta detta asse ottico.

Le lenti possono essere convergenti o divergenti. Quelle convergenti (a) fanno convergere i raggi provenienti da un oggetto nel fuoco. Le altre, le divergenti (b), si comportano in modo diverso, ne divergono l’immagine come se l’oggetto provenisse da un punto situato tra lente e l’oggetto chiamato fuoco virtuale.

Se consideriamo una semplice lente convergente, dal valore della sua distanza focale, si possono calcolare gli ingrandimenti che può dare il telescopio che ha questa lente come obiettivo. Più grande è la focale, maggiore saranno gli ingrandimenti utilizzabil

i.

Per comprenderlo, prendiamo in considerazione due lenti che hanno distanze focali differenti, una più grande l’altra più piccola. La lente con una distanza focale più grande e la puntiamo su un oggetto distante ne vedremmo un’immagine invertita e di una certa grandezza. Se ripetiamo la stessa l’esperienza con la lente con la focale più piccola, vedremmo la stessa immagine ma più piccola. Se supponiamo infine di esaminare l’immagine così generata attraverso una lente d’ingrandimento, essa ci apparirà ancora più grande, sebbene rovesciata, rispetto all’originale. Con questo complesso di due lenti, una convergente di grande focale, detta obiettivo, l’altra anch’essa convergente ma più piccola di focale, detta oculare, abbiamo costruito un cannocchiale elementare.

In sostanza, tanto più grande è la lunghezza focale dell’obiettivo e più piccola quella dell’oculare, tanto maggiore sarà l’ingrandimento. Quindi in ogni telescopio, l’ingrandimento è dato dal rapporto della lunghezza focale dell’obiettivo e quella dell’oculare. Però, a parità di diametro dell’obiettivo, più l’elevato è l’ingrandimento e meno è luminosa è l’immagine riprodotta.

Ingrandimento = distanza focale dell’obiettivo / distanza focale dell’oculare

Gli obiettivi a lente e le loro aberrazioni

Le lenti convergenti per uso astronomico sono ricavate da blocchi di vetro purissimo, il vetro ottico, perfettamente omogeneo, senza bolle d’aria, le cui superfici sono lavorate in forma di perfette calotte sferiche. Una semplice lente non potrà mai dare una immagine perfettamente fedele all’oggetto, ma una immagine con delle alterazioni geometriche o cromatiche che vengono dette aberrazioni ottiche. Si deve tenere presente che le aberrazioni non sono difetti, ma proprietà inerenti alle leggi fisiche che determinano il funzionamento delle lenti. La prima che balza all’occhio è l’aberrazione cromatica. I contorni delle immagini prodotte da una lente semplice appaiono più o meno colorate rendendo fastidiosa la visione. Questo deriva dal fatto che l’indice di rifrazione della lente è funzione della frequenza della luce incidente. Poiché la luce bianca è data dalla somma ti tutte le frequenze che vanno dal rosso al violetto, quest’ultima avendo una frequenza più elevata rispetto alla luce rossa, è più deviata. Ne deriva che in una lente convergente semplice, ogni colore si focalizza in un punto diverso, come mostra l’immagine sotto (in modo un pò esagerato)

L’aberrazione cromatica di una lente biconvessa, come quella della figura sopra, può essere corretta quasi completamente ponendo dietro ad essa una lente piano-concava di un vetro diverso, la quale, allungando la focale della prima lente, riesce a portare nello stesso punto i fuochi dei due colori. Si ottiene così un doppietto acromatico (figura sotto).

Mettendo insieme le due lenti in modo opportuno, si può fare in modo che nel fuoco del complesso che ne risulta i raggi rossi vadano a cadere nello stesso punto in cui convergono quelli blu. Con il doppietto acromatico l’aberrazione cromatica non viene completamente tolta, ma rimane ancora un pò di colorazione di tono violaceo che però è facilmente tollerabile. In alcuno casi, per rendere la visione ancora migliore è stato adottato addirittura un tripletto, cioè una combinazione di tre lenti (il tripletto acromatico) formate con vetri differenti, che riesce a diminuire ancora di più questa aberrazione. E’ una soluzione poco usata perché molto complessa e costosa.

Un altro problema che presenta la lente è l’aberrazione sferica, che è dovuta proprio alla forma stessa della lente. Questa aberrazione genera attorno all’immagine un alone di luce che può essere in certi casi molto fastidioso. Il doppietto acromatico, quando progettato bene, riesce a ridurre anche questo difetto. Obiettivi di questo tipo devono poter correggere, in forma tollerabile, diverse altre aberrazioni quali ad esempio il coma, l’astigmatismo e la curvatura di campo. Un obiettivo affetto da coma sferico produce un’immagine di una stella , sul piano focale, che non è più un punto ma un ventaglio di luce simile ad una cometa (da cui il nome), avente le dimensioni che aumentano quanto più è lontana l’immagine dall’asse ottico. Sull’asse ottico il coma è assente. La curvatura di campo invece è quell’aberrazione per cui le immagini appaiono nitide non su un piano perpendicolare all’asse ottico porto sul fuoco, ma su una calotta sferica, il cui centro è rivolto verso l’obiettivo.Queste ed altre aberrazioni possono essere corrette da obiettivi composti da più lenti con vetri specialiperfici di curvatura opportuna.

Gli specchi sferici

Condideriamo un blocco di vetro, non necessariamente perfetto nel suo interno, perchè ha solo il compito di riflettere la luce. Se si scava nel suo interno in modo da ottenere una calotta sferica concava e se su questa superficie sferica si deposita un sottilissimo strato di alluminatura, otteniamo uno specchio da utilizzare come da obiettivo di un telescopio. Come mostra la figura sotto, V è il centro dello specchio detto vertice, mentre il centro della sfera dalla quale lo specchio è stato ricavato sarà detto “centro ottico dello specchio”. L’asse ottico è la retta VC.

Se lo specchio è sferico e non molto concavo, quando viene colpito da un raggio di luce parallelamente all’asse ottico, il punto dello specchio si comporta cone se fosse un specchio infinitesimale piano posto tangente alla sfera. La perpendicolare, cioè la normale, condotta per il punto A a questo specchio piano infinitesimale, passa per il centro ottico C e, l’angolo che il raggio riflesso FA forma questa normale deve essere uguale a quello che con essa si forma il raggio incidente SA (figura sotta). Dunque la riflessione fa si che dallo specchio parta un raggio che deve passare per F che non necessariamente giace a metà tra C e V e questo accade quando il caggio di curvatura AC è molto più grande rispetto al diametro dello specchio. Poichè i raggi che provengono da una sorgente lontana some un qualsiasi oggetto celeste, si comportano come se forrero paratteli tra loro e ne consegue che tutti si riflettono in modo da passare tutti per il punto F. Per questo motivo, tale punto, è chiamato fuoco dello specchio e la distanza FV è la distanza focale.(figura).

Questo non dipende dal colore della luce, cioè dalla sua frequesza, perchè la legge della rifrazione sono le stesse per tutte le frequenze della luce visibile.. Per questo motivo negli specchi non esiste l’aberrazione cromatica. Le cose possono andar bene in pratica quando si considerano specchi sferici in cui il rappoto focale F/D (Focale/diametro specchio) sia superiore a 10. Se invece tale rapporto fosse più piccolo di 10, cioè un diametro grande rispetto alla focale, si noterebbe subito che al fuoco dello specchio chiamata aberrazione sferica.

Questo comporta che l’immagine di una stella, invece di apparire come un punto, appare come un dischetto. Congiungendo i vari punti ove i raggi riflessi si intersecano tra loro, si ottiene nello spazio tridimensionale, una superficie a forma di tromba che si chiama caustica di riflessione. L’icovveniente è abbastanza grave perchè le immagini che si ottengono sono abbastanza sfumate ai bordi e senza particolari. L’aberrazione sferica la si neutralizza unando degli specchi parabolici.

Gli specchi parabolici

Per eliminare l’aberrazione sferica, bisognerebbe deformare la superficie riflettente trasformandola da una sfera in un paraboloide. Quasi tutti gli specchi dei telescopi sono di questo tipo, dai più piccoli ai più grandi. Occorre però mettere in rilievo che lo specchio parabolico introduce nuove aberrazioni, la più importante delle quali è il coma. Si manifesta subito fuori dall’asse ottico, ma diventa importante guardando derso i bordi dello specchio.Le immagini appaiono come dei piccoli dischetti vicino al fuoco ma verso i bordi le immagini incominciano ad apparire come delle piccole comete che si ingrandiscono sempre più man mano che si allontana dal centro. Togliere queste aberrazioni è piuttosto difficile tecnicamente. Si ricorre a complesse combinazioni di lenti, chiamati correttori di campo, a rendere accettabili anche le immagini ai bordi del campo. Questo è il caso dei telescopi Schmidt.

Tipologie di telescopi

Esistono tre tipi di telescopi:

  • Rifrattori
  • Riflettori
  • Catadiotrici

I rifrattori

Il telescopio a rifrattore è stato il primo ad essere ad essere inventato. In origine era un cannochiale terrestre, inventato in Olanda, e fu Galileo Galilei, il primo al mondo capendone le sue potenzialità, a impiegarlo per uso astronomico. Come obiettivo aveva una lente pianocomvessa. I rifrattori possono essere possono essere di due tipi: acromatici o apocromatici. Gli acromatici sono composti da un obiettivo a due lenti per correggete l’aberrazione cromatica e per questo motivo sono fatti di due vetri differenti, flint e crown, con due diversi indici di rifrazione.

Configurazione ottica del rifrattore acromatico

Sono ideali per le osservazione degli oggetti del sistema solare (sole, luna e pianet) e stelle doppie.

I rifrattori apocromatici hanno come obiettivo una sistema di due o più lenti in modo da annullare quasi del tutto l’aberrazione cromatica.

Configurazione ottica del rifrattore apocromatico

I riflettori

I telescopi riflettori possono essere di tre diverse configurazioni ottiche:

  • Riflettore Newton
  • Riflettore Cassegrain
  • Riflettore Ritchey Chretien

Riflettore Newton

Fu proprio Isaac Newton, padre della teoria della gravitazione universale, ad ideare questa configurazione ottica, come mostrata nella figura sotto.

Newton mise un pò prima del fuoco dello specchio principare, un piccolo specchio piano n modo da riflettere lateralmente la luce provveniente dal’obiettivo. L’osservazione poteva essere fatta da una posizione molto comoda, cioè lateralmente al tubo verso la parte superiore. L’oculare, posto al fuoco dello specchio, consente di osservare l’immagine ingrandita, Questa soluzione può essere comoda per i telescopi newtoniani di piccole dimensioni, ma diventa disagevole per quelli di grosse dimensioni. Lo specchio piano del secondario ha una forma ellittica perchè essendo inclinato rispetto all’asse ottico dello specchio principale, per poter raccogliere la massima luce ed esercitare la minima ostruzione. La centatura dello specchio primario con il secondario rispetto alla posizione all’oculare, deve essere perfetto altrimenti si formano delle aberrazioni molto importanti disturbando notevolmente l’immagine. Gli specchi principale e secondario sono molto delicati. Piccole deformazioni che essi dovessero subire a causa di sostegni mal costruiti o di pressioni introdotte da viti o bariletti potrebbero introdurre difetti tali da compromettere la qualità delle osservazioni.

Riflettore Casssegrain

Nel XVII secolo Monsieur G.Cassegrain, un architetto con interessi per l’astronomia, ideò lo schema ottico mostrato nella figura satto, che porta il suo nome.

Schema ottico Cassegrain

Lo specchio primario S è di tipo parabolico ed è forato (T) al centro. La luce provveniente dagli astri, incidendo lo specchio, andrebbe a concentrarsi sul fuoco F. Ma prima di esso viene posto un piccolo specchio secondario divergente che è lavorato con curvatura iperbolica che riflette i raggi al fuoco F1 posto dietro lo specchio principale S avendo i raggi attraversato il foro T. La configurazione ottica Cassegrain trasforma la focale originaria F dello specchio principale parabolico in uno equivalente F1 che è molto più grande. L’allungamento della focale dipende sia dalla forma dello specchio secondario sia dalla sua collocazione. Il rapporto focale di un Cassegrain è molto più elevato di un Newtoniano e può essere F/D = 9 o anche F/D=16 o anche più elevato. Il vantaggio principale della configurazione Cassegrain rispetto al Newtoniano sta nella compattezza. Il tubo Cassegranin è sempre più corto del Newtoniano. Ha una focale molto più lunga e questo viene utile se si vogliono fare osservazioni con elevati ingrandimenti. Diversamente, non è molto adatto quando si vogliono fare osservazioni di oggetti molto deboli tipo le nebulose, dove l’elevato rapporto F/D ne abbasssa la luminosità che deve essere compensata con un diametro dello spechio principale maggiore.

Riflettori Ritchey-Chretien

Fu inventata all’inizio del XX secolo dall’astronomo statunitense George Willis Ritchey e dall’astronomo francese Henri Chrétien. Il Ritchey-Chrétien è un telescopio di tipo aplanatico, esente cioè da aberrazioni sferiche e di coma. Sia lo specchio primario che il secondario, sono dei iperboloidi. ll vantaggio di questa configurazione ottica è la grande compattezza, il tubo può infatti
essere lungo fino alla metà della lunghezza focale.

Configurazione ottica Ritchey-Chretien

La configurazione Ritchey-Chrétien è un’evoluzione dello schema Cassegrain.

I catadiottrici

Il telescopio catadiottrico è un tipo di telescopio che si basa su una configurazione ottica costituita da lenti e specchi In questi telescopi vengono sfruttati entrambi i principi della ribrazione e riflessione della luce.I catadriottici possono essere di tre diverse configurazioni ottiche:

  • Schmidt
  • Schmidt-Cassegrain
  • Maksutov-Cassegrain

Schmith

La fotocamera Schmidt è stata inventata dall’ottico tedesco-estone Bernhard Schmidt nel 1930. I suoi componenti ottici sono uno specchio primario sferico, facile da realizzare, e una lente di correzione asferica, nota come lastra correttrice di Schmidt, situata al centro della curvatura del specchio primario. La pellicola o altro rilevatore è posizionato all’interno della fotocamera, al fuoco principale. Il design è noto per consentire rapporti focali molto ripidi, controllando il coma e l’astigmatismo.

Le fotocamere Schmidt hanno piani focali fortemente curvi, richiedendo quindi che la pellicola, la lastra o altro rivelatore sia curvato in modo corrispondente. In alcuni casi il rilevatore è curvo; in altri il supporto piatto è conformato meccanicamente alla forma del piano focale mediante l’uso di fermagli o bulloni di fissaggio. A volte viene utilizzato uno spianatore di campo, nella sua forma più semplice, una lente pianoconvessa davanti alla lastra della pellicola o al rivelatore. Poiché la lastra correttrice è al centro della curvatura dello specchio primario, la lunghezza del tubo può essere molto lunga per un telescopio a campo largo. Ci sono anche gli svantaggi di avere l’ostruzione del porta-pellicola o del rilevatore montato sulla messa a fuoco a metà del gruppo del tubo. Una piccola quantità di luce viene bloccata e c’è una perdita di contrasto nell’immagine a causa degli effetti di diffrazione e dell’ostruzione provocata dalla sua struttura di sostegno.

Schmidt Cassegrain

Gli Schmidt-Cassegrain, invece, sono il risultato della combinazione dei telescopi Schmidt e i telescopi Cassegrain .

Configurazione ottica Schmidt Cassegrain

Dopo aver attraversato la lastra di Schmidt, senza però divergere, il fascio luminoso giunge allo specchio primario parabolico che lo manda indietro verso l’obiettivo ma il fascio incontra lo specchio secondario iperbolico che lo rinvia in direzione del primario che, come quello del Cassegrain, è forato.  Gli Schmidt-Cassegrain,di conseguenza, risultano compatti così come lo sono gli Schmidt e i Cassegrain. Per quanto riguarda il rapposrto focale questi telescopi hanno il caratteristico f/10 (esistono però Schmidt-Cassegrain da f/6) che può essere aumentato con una lente di Barlow o ridotto con particolari riduttori fino a f/3.3.

Maksutov Cassegrain

Nei telescopi di tipo Schmith, la superficie più difficile da levigare non è quella sferica. Infatti hanno forme piuttosto complesse.Per evitare questo inconveniente, nel 1940, è sorta l’idea di sostituite la lastra corretrice Schmidt nella quale però le superfici abbaino forme sferiche, quindi più facili da lavorare.

L’dea venne in mente a più persone indipendemente che però, imperversando la seconda guerra mondiale, non poterono comunicare tra loro. Queste persone erano D.D Maksutov, l’olandere A. Bouwers e all’italiano A. Colacevich. Ma per un complesso di circostanze il nome di Maksutov fu quello che si affermò. Se prima dello specchio sferico si applica una lente a forma di menisco divergente, questa può indurre ad una aberrazione sferica contarria a quella introdotta dallo specchio. E se si calcolano opportunamente lo spessore del menisco e le due superfici sferiche si elimina anche la lieve aberrazione cromatica introdotta dalla lente stessa. Da specchio secondario lo fa il “Secondary spot” argentato posto all’interno del menisco sferico. Il telescopio risulta molto compatto, ma poichè anche questo telescopio il piano focale delle immagini è curvo, occorre usare focali lunghe per correggere le immagini.

Riepilogando, i telescopi rifrattori sono molto costosi in rapporto al diametro dell’obiettivo ma forniscono immagini molto dettagliate nell’osservazione di luna e pianeti e stelle doppie. Sono lunghi e possono creare problemi di trasportabilità. I telescopi riflettori Newtoniani  forniscono immagini luminose e di buona qualità di Luna e pianeti, stelle ed ammassi stellari, nebulose e galassie e sono adatti all’uso fotografico proprio per essere luminosi. Per la trasportabilità sono mediamente ingombranti. L’ingombro è dettato, più che altro, dal diametro dell’obiettivo.  i telescopi Schmidt-Cassegrain, sono stati progettati per essere facilmente trasportabili, ed offrono obiettivi di grande diametro con lunga focale ed ingombro e peso ridottissimi. In osservaione presentano gli stessi vantaggi dei Newtoniani con il vantaggio di essere molto compatti.

Le montature

La montatura di un telescopio ha la doppia funzione di sostenere il telescopio (tubo ottico) e di inseguire l’oggetto da osservare. Possono essere di due tipi:

  • Montatura equatoriale
  • Montatura altazimutale

La montatura equatoriale  il movimento del telescopio avviene attorno ad un asse (asse polare) della montatura che è in posizione inclinata e che deve essere puntato verso il Polo Nord celeste. In pratica l’asse polare della montatura è parallela all’asse di rotazione terrestre. Le montature equatoriali sono più complicate da usare in quanto, per il corretto funzionamento, richiedono di effettuare l’allineamento polare ed è necessario usare anche pesanti contrappesi per equilibrare il telescopio più eventuali accessori (macchina fotogarfica, sensore CCD, ecc..)

Montatura equatoriale

La montatura altazimutale consente il movimento del telescopio nelle direzioni orizzontale (parallela all’orizzonte) e verticale (perpendicolare all’orizzonte). E’ inadatta alle osservazioni a forti ingrandimenti a causa della sua inadeguatezza ad inseguire il moto apparente degli oggetti celesti, quasi impercettibile ad occhio nudo ma evidente durante le osservazioni al telescopio. Tra le montature altazimutali troviamo anche la Dobsoniana, la quale si caratterizza per la semplicita’ costruttiva, derivante sia da soluzioni meccaniche semplici (mancanza di moti micrometrici e motorizzazione) che dall’utilizzo di materiali molto comuni e leggeri come il legno, 

Montatura altazimutale